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Il riflesso di sé stesso e la tematica del doppio: “Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde” di Robert Louis Stevenson

Il riflesso di sé stesso e la tematica del doppio: “Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde” di Robert Louis Stevenson

Fonte immagine: Globewanderin

Ci si interroga spesso sulla natura umana e sulla prevalenza del bene sul male (o viceversa), riecheggiando a una dualità e molteplicità insita in noi. In letteratura non mancano gli esempi celebri che si cimentano con questa sempiterna questione, come “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde o “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello. In questo filone si inserisce di un buon grado anche “Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde” di Robert Louis Stevenson, che indaga in maniera fantastica sui desideri sopiti dell’animo umano.

Sullo sfondo di una Londra vittoriana, dai contorni cupi e bui, che fa l’occhiolino alla grande città scozzese di Edimburgo, il Dr. Jekyll si rimette al legale Utterson per portare a compimento le sue volontà dopo la morte, che vedrà come unico erede il misterioso Sig. Hyde. Lo sviluppo della storia si concentrerà su questi tre personaggi, svelandone i legami in maniera epistolare e facendo affiorare una verità scomoda dai risvolti sensazionali. Pagina dopo pagina Stevenson intesse una tensione crescente che culminerà con una singolare scoperta, che non mira a dare una spiegazione fantascientifica, ma piuttosto a sollevare interrogativi di natura psicologica.

Il legale restò per qualche momento come Hyde l’aveva lasciato. Sembrava il ritratto dell’inquietudine. Poi cominciò a risalire lentamente la strada, ma fermandosi ogni pochi passi e portandosi una mano alla fronte, come chi si trovi nella più grande perplessità. E sta di fatto che il suo problema pareva irresolubile. Hyde era pallido e molto piccolo, dava un’impressione di deformità pur senza malformazioni precise, aveva un sorriso repellente, si comportava con un misto viscido di pusillanimità e arroganza, parlava con una specie di rauco e rotto bisbiglio: tutte cose senz’altro negative, ma che, per quanto sommate, non spiegavano l’inaudita avversione, repugnanza e paura da cui Utterson era stato colto.

Tra le tante edizioni e traduzioni di questo classico, l’edizione di Einaudi Editore tradotta dagli scrittori Carlo Fruttero e Franco Lucentini risulta particolarmente interessante e arricchisce “Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde” di Robert Louis Stevenson grazie a note esplicative che sostengono le scelte traduttive intraprese dai nostri e offre un excursus rapido sulle precedenti traduzioni. Mentre ci si addentra nella storia del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde, si scoprono pian piano anche le vicende legate alla creazione di questo manoscritto e soprattutto si fa luce sulla sua resa in italiano, puntando i riflettori non solo su Robert Louis Stevenson ma anche sul lavoro di traduzione, di certo non meno importante di quello intrapreso dallo scrittore.

Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde” è un classico moderno, che si legge velocemente ma non per questo lascia indifferenti o non comunica un messaggio importante. Con il giusto mix di mistero, suspense e riflessività, ancora una volta Stevenson ci consegna una storia intrigante e affascinante, ben diversa dall’azione a cui siamo stati abituati in “L’isola del tesoro”, ma non per questo meno avvincente.

Consigliato per chi vuole svagarsi, per coloro che vogliono leggere i grandi classici della letteratura di tutti i tempi, per chi ama il fantastico, per chi ama il mistero, per tutti quelli che apprezzano Stevenson, per chi ricerca un romanzo introspettivo ma non pedante, per chi è appassionato della tematica del doppio, per chi vuole saperne di più anche sull’atto traduttivo e non solo su quello creativo.

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Incipit del libro:

Utterson, il legale, era un uomo dal volto ruvido, mai illuminato da un sorriso. Di poca e fredda, impacciata conversazione, restio ai sentimenti, era lungo, magro, grigio, accigliato; e tuttavia amabile, in qualche modo. Ai pranzi tra amici, e quando il vino era di suo gusto, qualcosa di eminentemente umano traspariva dal suo sguardo; qualcosa, certo, che non arrivava mai a tradursi in parole, ma che neppure si limitava ai muti simboli dell’appagamento conviviale, manifestandosi anzi, più spesso e apertamente, negli atti della sua vita.

Per altre citazioni consultate Cocktail di citazioni.


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