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I racconti misteriosi di Amparo Dávila

I racconti misteriosi di Amparo Dávila

Fonte immagine: Globewanderin

Un alone di mistero, indefinitezza, orrore e fuggevolezza avvolge i racconti di Amparo Dávila, scrittrice messicana venuta a mancare nel 2020. Il timore e la paura sbucano da ogni racconto, che descrivendo delle scene di vita vissuta finiscono sempre per far emergere tratti inquietanti, un’oscurità che spesso travolge i protagonisti di turno. La scrittrice riesce bene a creare una certa suspense, ad accennare qualcosa di incomprensibile, che incuriosisce il lettore trasportandolo nel bel mezzo della storia. Angoscia e paura sono dei sentimenti prevalenti che accomunano molti dei racconti, come “L’ospite”, che si presenta come una figura inspiegabile e potrebbe far pensare a un vampiro, da cui la protagonista riesce a liberarsi. Altre volte si entra in una dimensione onirica che fa presagire quanto accadrà, come nel racconto “La ruota”, o si raggiunge persino uno spazio ultraterreno, come ne “Il funerale”. Altre volte sembra che ci siano delle vere e proprie trasfigurazioni, come in “Morte nel bosco”.

I racconti di Amparo Dávila sono stati definiti “unheimlich”, perché creano un senso indefinito di inquietudine, angoscia e paura; tutti questi elementi vengono però spesso solo accennati e trasformano le storie in un concentrato di mistero, alludendo a qualcos’altro di inafferrabile, cifra stilistica dell’autrice.

Ascolto la pioggia scendere lenta e le automobili passare veloci. Il fischio di una guardia notturna suona come un grido d’agonia. Passa l’ultimo autobus di mezzanotte. Mezzanotte, anche allora era mezzanotte… Riposiamo, il respiro si è calmato a poco a poco ed è sempre più leggero. Siamo due naufraghi gettati sulla stessa spiaggia, con tutta la fretta del mondo o nessuna, come chi sa di avere l’eternità per guardarsi. Adesso non importa nulla che non siamo noi stessi, sorpresi da una verità che senza saperlo conoscevamo. Ci siamo cercati a tentoni dall’altro lato del mondo, presentandoci nella solitudine e nel sogno. Siamo qui. Ci riconosciamo attraverso il corpo. Siamo rimasti immobili, a lungo in silenzio, l’uno accanto all’altra.

Tratto da “Alberi pietrificati” in Morte nel bosco e altri racconti di Amparo Dávila, tradotto da Giulia Zavagna, Safarà.

Attraverso una lente fantastica, trasfigurante e intangibile, emergono molte tematiche, quali la solitudine, la depressione, la morte, che si celano tra le pagine di questi racconti. Leggere Amparo Dávila è avvicinarsi al mistero, un salto verso l’inimmaginabile, inquietante e sconcertante, ma proprio per questo intrigante.

Tutti i suoi racconti sono contenuti nelle raccolte “L’ospite e altri racconti” e “Morte nel bosco e altri racconti”, portati in Italia da Safarà editore con la traduzione di Giulia Zavagna.

Consigliato per chi ama i racconti, per gli amanti del fantastico e del soprannaturale, per chi cerca il non detto nelle storie, per chi vuole ritrovare una certa atmosfera nei libri, per chi si lascia guidare dalle storie che vogliono far raggiungere un certo effetto e far provare determinate sensazioni.

La citazione dal libro:

Quando lo vidi per la prima volta, non riuscii a reprimere un grido di terrore. Era lugubre, sinistro. Aveva grandi occhi giallastri, quasi rotondi e sempre sbarrati, che sembravano penetrare attraverso le cose e le persone.

La mia vita, già disgraziata, divenne un inferno. La sera stessa del suo arrivo supplicai mio marito di non condannarmi alla tortura della sua compagnia. Non lo potevo sopportare; mi incuteva solo orrore e sospetto. “È del tutto inoffensivo” disse mio marito guardandomi con netta indifferenza. “Ti abituerai ad averlo intorno, e se non ci riesci…”. Non ci fu modo di convincerlo a portarselo via. Rimase a casa nostra.

Tratto da L’ospite, tradotto da Giulia Zavagna, Safarà

Per altre citazioni consultate Cocktail di citazioni.


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