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Il dolore dell’abbandono nascosto in un mistero: “Nel profondo” di Daisy Johnson

Il dolore dell’abbandono nascosto in un mistero: “Nel profondo” di Daisy Johnson

Spesso ci si sofferma sulle sensazioni provocate dalla perdita dei genitori o viceversa dalla perdita dei figli, ma cosa succede quando invece si viene abbandonati? Un atto simile può essere compiuto da entrambe le parti e proprio al centro di “Nel profondo” di Daisy Johnson, romanzo tradotto da Stefano Tummolini, ritroviamo il dolore causato da un abbandono. A legare insieme i pezzi di questa storia struggente è la figlia Gretel, che malgrado l’abbandono volontario di Sarah, sua madre, una volta cresciuta cercherà in ogni modo di riallacciare i rapporti con lei e se ne prenderà cura malgrado la condizione della madre, malata ora di Alzheimer, lo renda ancora più difficile del previsto.

Al tema dell’abbandono, ricorrente non solo nel nucleo principale formato dalle due protagoniste, si affianca quello della paura, che assume le sembianze di un essere misterioso, il Bonak, dai contorni irreali e che eppure si concretizza andando avanti con la lettura. Ma gli elementi caratterizzanti di “Nel profondo” non finiscono qui: appare anche importante il fattore identitario, in quanto molti personaggi sono alla ricerca delle proprie origini e di se stessi, cosa che porterà anche a una riflessione di genere. Come suggerisce il titolo, nel romanzo si scava a fondo per andare fino alla radice di un dolore sepolto ma non per questo dimenticato.

Se il mistero e la struttura a ritroso del romanzo, che attraverso la vicenda di Gretel ricostruisce i ricordi  passati di Sarah e degli altri personaggi, tengono incollati alla pagina, a coinvolgere è la lingua usata da Daisy Johnson, fatta di parole inventate, di significati alterati e di verità nascoste. Non a caso la protagonista sarà una lessicografa, lavoro scelto probabilmente nel tentativo di riportare ordine nella sua vita e di riappropriarsi di qualcosa che le era stato negato durante l’infanzia. La particolarità di questo romanzo non si esaurisce però qui ed emerge anche un forte attaccamento a luoghi, persone e azioni, che connotano inevitabilmente la narrazione.

Nel profondo” della giovane scrittrice Daisy Johnson è un esordio notevole, che scalfisce e destabilizza con tutta la potenza delle parole e dona allo stesso tempo ai lettori una trama articolata ma ben fatta, risultando quasi una sorta di diario intimo della protagonista che tocca però anche altre vite, intrecciate eppure a se stanti.

Consigliato per chi non ha paura delle storie senza il classico lieto fine, per chi è convinto che le parole feriscano più di una spada, per chi vuole abbandonare la propria comfort zone, per gli empatici e per le persone sensibili, per chi riesce a mettersi nei panni di qualcun altro e a immaginare il dolore altrui, per chi cerca una lettura forte che non lascia indifferenti.

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Eravamo come degli alieni. Come gli ultimi sopravvissuti sulla terra. Se in qualche modo è vero che il linguaggio condiziona il nostro modo di pensare, non avrei mai potuto essere diversa da com’ero. E la lingua che avevo imparato fin da piccola, non la parlava nessun altro. Quindi sarei rimasta sempre emarginata, sola, e a disagio con gli altri. Era la mia lingua a imporlo. La lingua che mi avevi insegnato tu.

Per altre citazioni consultate Cocktail di citazioni.


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